Petruzzelli: Nozze di Figaro, miseria e grandezza dell’uomo

Petruzzelli: Nozze di Figaro, miseria e grandezza dell'uomo

fernando-greco-medico-neonatologo-critico-musicale-melomane-lecce di Fernando Greco

(foto di Carlo Cofano)

In coincidenza con il compleanno dell’immortale Wolfgang Amadeus Mozart, nato il 27 gennaio 1756, la nuova Stagione Lirica del Petruzzelli di Bari si è aperta con un nuovo e fascinoso allestimento de “Le nozze di Figaro”, capolavoro di sublime bellezza e inarrivabile complessità.

 

_B0C1884IL MESSAGGIO UNIVERSALE

Tutto esaurito per questa nuova produzione barese effettuata in collaborazione con il San Carlo di Napoli e il teatro Massimo di Palermo, che ha visto cimentarsi alla regia il multiforme talento di Chiara Muti, figlia del famoso maestro Riccardo nonché artista dalle istrioniche qualità. Cantante e attrice pluripremiata, Chiara Muti non è nuova alle regie operistiche: ultima fatica in ordine cronologico la “Manon Lescaut” di Puccini all’Opera di Roma nel 2014. Approcciando il complesso meccanismo teatrale delle “Nozze”, la regista parte dall’universalità del messaggio mozartiano con la consapevolezza che “Mozart ci disegna per quello che siamo, descrive e sublima i vizi e le virtù” (dalle note di regia). Oltrepassando l’accezione illuminista e prerivoluzionaria dell’omonima pièce di Beaumarchais, la partitura mozartiana resta dunque un affresco di varia umanità in cui “sono presenti tutti gli stadi dell’amore, adolescenziale, passionale, tradito e annoiato dal quotidiano, cinico e maturo. La quotidianità, prima nemica dell’amore passionale, avvolge di noia il Conte e la Contessa e con loro anche la classe sociale cui appartengono per nascita e non per conquista”. Le intenzioni della regia hanno così fatto emergere doti attoriali non comuni da parte degli interpreti, tesi a valorizzare in primis gli aspetti più squisitamente drammaturgici del formidabile libretto di Da Ponte in ogni momento dell’esecuzione, sia nei momenti più patetici sia in quelli più brillanti (ad esempio l’irresistibile episodio di Cherubino nascosto dietro la poltrona o il frenetico viavai notturno nel giardino).

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A proposito del raffinato versante visivo a cura di Ezio Antonelli per le scene e di Alessandro Lai per i costumi, all’aprirsi del sipario si rimane sorpresi del fatto che Figaro voglia apparentemente piazzare il letto nuziale in una sorta di cortile circoscritto dagli elementi architettonici del palazzo del Conte, ma nel prosieguo della vicenda si comprende come quella che sembra una corte sia in realtà lo spazio in cui si svolge l’intreccio: un siparietto, un obiettivo fotografico, una lente d’ingrandimento che pone in primo piano i singoli episodi, i tasselli di un rompicapo che alla fine troverà il suo positivo scioglimento. Non per nulla il cortile è per definizione uno spazio “di pubblico dominio” (sempre secondo le note di regia), quasi a significare che i diversi affari che vi si svolgono siano “alla mercé di tutti”, segreti di Pulcinella che ognun sa fingendo di non sapere.

_DSC2125SONORITA’ ELEGANTI

Flussi e riflussi del dramma sono stati assecondati alla perfezione dall’Orchestra del Petruzzelli diretta per l’occasione dal venticinquenne Matthew Aucoin, presente anche in qualità di maestro al cembalo: si tratta del più giovane assistant conductor nella storia del Metropolitan Opera di New York, già al fianco di personalità del calibro di James Levine o di Valery Gergiev, che a Bari ha guidato l’orchestra nei meandri della partitura mozartiana ottenendo sonorità limpide e fresche come l’acqua di un ruscello, sempre eleganti e attente alle ragioni del canto.

_DSC1909Eccellente la prova del baritono Alessandro Luongo nei panni di Figaro, perfetto in scena per strabiliante vocalità e soggiogante phisique du role: un vero piacere ascoltare le sue tre arie solistiche eseguite alla perfezione. Degna partner di tanto Figaro la frizzante Susanna di Maria Mudryak, soprano dotato di bel timbro lirico che ha ipnotizzato il pubblico nella luminosa ed evanescente aria “Deh vieni, non tardar”. Già nota e amata dai melomani per le recenti apparizioni televisive nell’insolito “Elisir d’amore” allestito dal teatro alla Scala all’interno dell’aeroporto di Malpensa e nella “Carmen” che ha inaugurato la nuova Stagione del San Carlo di Napoli, il soprano Eleonora Buratto ha dato vita a un’impagabile Contessa, forte di una proiezione vocale che ha riempito il teatro anche quando volgeva le spalle al pubblico, ma al contempo vellutata e carezzevole, ricca di umbratili sfumature come si conviene alla languida melanconia del suo personaggio.

_DSC2305L’adolescente Cherubino ha trovato l’interprete ideale nel mezzosoprano Paola Gardina, credibilissima per agile presenza scenica e galvanizzante timbro vocale. Il baritono Edwin Crossley-Mercer ha vestito i panni del Conte con imponente fisicità e cesello vocale di stampo liederistico. Di lusso la Marcellina di Laura Cherici, incantevole nell’aria “Il capro e la capretta” eseguita con dovizia di agilità e virtuosismo vocale, premiata da un lungo e meritato applauso a scena aperta. Altrettanto autorevole il basso Fabrizio Beggi nel ruolo di Bartolo. Il soprano Anne Marine Suire è stata una Barbarina tenerissima e vocalmente accurata. Esilarante il bozzettismo di personaggi quali Don Basilio, Don Curzio e Antonio interpretati rispettivamente dai tenori Bruno Lazzaretti, Giorgio Trucco e dal basso Matteo Peirone. Eccellente la prova del Coro del Petruzzelli istruito da Franco Sebastiani, che oltre alla compostezza vocale ha esibito una straordinaria vis scenica: emozionante l’ingresso di Contadini e Contadine nel primo atto (nell’incipit di “Giovani liete”), quando un interiore palpito già rivoluzionario ha creato un intelligente contrasto con la gioiosità del canto.

 

Marilù Mastrogiovanni
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