(foto di Samuele Vincenti)
Nonostante lo spettro della crisi, anche quest’anno la Stagione Lirica leccese è stata inaugurata con grande successo grazie alla ferrea volontà di chi ha saputo tener duro contro ogni infausta previsione. E così nelle serate del 27 febbraio e del 1 marzo i melomani leccesi hanno affollato il Politeama Greco per applaudire una buona edizione del “Barbiere di Siviglia”, capolavoro indiscusso di Gioachino Rossini (1792 – 1868) e pietra miliare del repertorio buffo di ogni tempo.
ELEMENTI DI SICURA QUALITA’
Il belcanto annovera da sempre a Lecce una numerosa platea di estimatori, soprattutto quando in cartellone vi siano dei best-sellers come Barbiere, Nabucco e Butterfly, ovvero i tre titoli che compongono l’attuale Stagione leccese, opportunamente scelti dal direttore artistico Carlo Antonio De Lucia anche per far botteghino, considerato l’attuale stato di precarietà.
Ogni qualvolta si scomodi un titolo del grande repertorio senza disporre di risorse adeguate, il rischio di “far le nozze con i fichi secchi” è sempre in agguato, rischio che il Barbiere inaugurale ha sapientemente evitato puntando su alcuni elementi di sicura qualità, in primis la presenza dell’impagabile Bruno Praticò nelle vesti di interprete e regista, che già da solo varrebbe l’intero allestimento. Inoltre l’intelligente sintonia creata in palcoscenico dalla regia di Praticò ha fatto passare in secondo piano un impianto scenico anonimo, ma funzionale.
GRANDE MOTIVAZIONE SCENICA
Il cast vocale ha potuto contare sull’inveterata esperienza di Bruno Praticò alle prese con il ruolo del Dottor Bartolo, cavallo di battaglia nell’ambito di una pluridecennale carriera in cui il cantante ha affrontato sui più importanti palcoscenici del mondo tutti i ruoli scritti da Rossini per la corda del basso buffo. Anche a Lecce il Bartolo di Praticò ha galvanizzato l’attenzione del pubblico fin dal suo comparire in scena, sfoderando alla perfezione tutte quelle peculiarità di “basso parlante” tipiche dello stile buffo rossiniano: dizione perfetta, formidabili sillabati e timbro squillante, al servizio di una credibilità scenica sempre esilarante. Immancabile l’ovazione dopo l’aria “A un dottor della mia sorte”.
In qualità di regista, Praticò ha trasmesso al resto del volenteroso cast una grande motivazione scenica, con alcune trovate originali lungo il corso della vicenda, come ad esempio l’ingresso di Almaviva travestito da soldato alla fine del primo atto, quando una procace Berta, anziché urlare per la paura, gli fa delle avances civettuole. Del tutto inedita la presenza del maggiordomo Ambrogio, con cui il Bartolo di Praticò crea delle situazioni di irresistibile umorismo, per non parlare dell’incalzante comicità dei vari momenti d’insieme.
Degno partner di Praticò l’esilarante e spigliato Figaro del baritono Maurizio Leoni, forte di una vocalità sicura su tutta l’estensione.
Nonostante fosse al suo debutto nel ruolo, il soprano Anna Corvino ha vestito i panni di Rosina in maniera scenicamente convincente e vocalmente incantevole, grazie a un’eccezionale perizia tecnica nello sgranare agilità e acuti in perfetto stile rossiniano.
Il giovane tenore Blagoj Nacoski ha esibito un bel phisique du role nel ruolo di Almaviva, esibendo un timbro vocale squisitamente lirico con tendenza a “falsettare” nel settore acuto.
Il carattere grottesco di Don Basilio è stato reso con efficacia drammaturgica da Fulvio Valenti, basso dal colore non tanto scuro quanto si è abituati a immaginare per questo ruolo. Il mezzosoprano Idilia Annese ha vestito i panni di Berta in maniera scenicamente molto consona allo spirito della regia, ma con voce ingolata. Molto bravo il basso Carlo Provenzano nel rendere in maniera appropriata i due personaggi di Fiorello e dell’Ufficiale. Il Coro Lirico di Lecce diretto da Andrea Crastolla si è mostrato in perfetta sintonia con le ragioni del palcoscenico e vocalmente accattivante.
L’ORCHESTRA
Mentre ancora le sorti dell’Orchestra Tito Schipa languono nell’incertezza, la maggior parte dello stesso organico ha partecipato a questo Barbiere sotto il nome di Orchestra Sinfonica di Lecce. La bacchetta di Alberto Veronesi ha ottenuto sonorità e accenti sempre coinvolgenti nei due momenti strumentali dell’Ouverture e del Temporale, eliminando durante la replica del 1 marzo alcuni sfasamenti tra voci e orchestra, evidenti nella prima serata soprattutto durante il vorticoso finale primo. Peraltro tutti gli interpreti, superata l’ansia del debutto, hanno dato il meglio di sé nella seconda recita, affrontando tutta la partitura con maggiore disinvoltura. Unica variazione nel cast quella riguardante il personaggio di Almaviva, interpretato dal tenore Filippo Pina Castiglioni al quale la lunga frequentazione del ruolo ha consentito di affrontarlo con presenza scenica matura associata a un timbro vocale “di grazia”.