AVEVO CINQUE ANNI

Prime minister

Forse 10 o 12 o 13.
Avevo quell’età che adesso, alla mia età, diventa indistinta.
Avevo quell’età in cui cominci a proiettarti su quello che sarai, guardando quello che sei. Guardandoti intorno, osservando quello che fanno le altre donne.
Ho sempre provato a prendere il meglio da tutti e a scartare il peggio.
Il mantra di mia madre era “mìntite cu quiddhri meju te tie e fanne e spese”.
Che significa (in salentino): accompàgnati con persone da cui hai da imparare e accettane le conseguenze.
Ho sempre osservato molto e rubato i mestieri con gli occhi.
Ho sempre saputo “ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”, come scriveva Montale, e ho provato a disegnarmi per sottrazione.
Togliendo tutto quello che non volevo, cercando quello che ero nella massa informe della mia personalità, come uno scultore che prima col martello poi con le lime e con strumenti via via più precisi fa venir fuori dal marmo le forme che il marmo nasconde.
Così a cinque anni, poi a 10, 12 e 13 e così via, sapevo perfettamente quello che NON volevo essere, per sottrazione.
NON volevo essere associata ad un uomo: la fidanzata di, la moglie di. Non volevo essere definita in rapporto a qualcun altro, ma solo per me stessa. Non volevo appartenere a nessuno e a nessuna cosa. Non volevo etichette e divise.
La tv era davvero una scatola magica che mi apriva finestre infinite sui mondi.
Non sapevo quali mondi fossero, ma quelli che mi piacevano erano abitati da donne come TINA ANSELMI e NILDE IOTTI.
Ora, immaginate una bambina che ha come miti non delle rockstar ma due vecchie signore con le perle.
Quella bambina forse avrà pure dei problemi, ma non è questo il punto.
Il punto è che quella bambina aveva dei MITI: delle figure a cui ispirarsi, da cui prendere esempio.
Delle figure che l’aiutavano a definirsi non più per sottrazione, ma per affinità, per somiglianza, per emulazione.
Volevo essere come Nilde e come Tina: libere, indipendenti, con delle idee, con dei ruoli di responsabilità. Facevano proposte e dicevano “penso che” e “si dovrebbe fare così”.
E siccome anche loro erano state delle bambine, io pensavo: posso farcela anch’io. Posso diventare grande, essere libera, posso diventare chi voglio.
Ecco, oggi in tv non vedo per le bambine e le ragazze dei punti di riferimento, delle figure femminili che siano di ispirazione.
Ma, lo sappiamo, le donne in tv ci finiscono soprattutto quando vengono stuprate o uccise.
Il “Global Media monitoring project” un monitoraggio globale fatto da una rete di università in tutto il mondo, analizza il modo in cui le donne vengono raccontate sui media, e dimostra ogni anno proprio questo: sui media ci sono poche donne e raccontate attraverso stereotipi.
“Prime minister” è un progetto bellissimo: propone alle ragazze dai 14 ai 19 anni delle “inspiring women”, delle donne a cui le ragazze possano ispirarsi per poter pensare “posso farcela anch’io”. Propone dei modelli di leadership tutta al femminile, in un Paese, il nostro, in cui l’impostazione democratica dell’istruzione (giustissima) addita della il merito, la competenza e l’ambizione, facendoli quasi diventare degli stigmi. Perché confonde le pari opportunità da garantire a tutti e a tutte, con l’omologazione.
Ora, pensate, tra quelle donne prese ad esempio, ci sono anch’io.
Per me sarà un’esperienza incredibile.
So già che dovrò trattenermi per non scoppiare a piangere.
Cedere il passo, passare la staffetta: non c’è niente di più bello.
Poter dire “ora tocca a voi”, indicare la strada fatta, sapere che già oggi quelle ragazze stanno raccogliendo i frutti del nostro impegno di femministe, immaginare insieme quello che c’è da fare.
Sognare l’impossibile e farlo diventare possibile.
Tina e Nilde sarebbero fiere di noi.

Marilù Mastrogiovanni
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