Siamo tutti Nino Di Matteo

Siamo tutti Nino Di Matteo

di Agnese Biasco, Alessia Costa, Gilda Marzano, Roberta Rizzo

Nino Di Matteo - magistrato _a Lecce Università del Salento

Ieri è stato bellissimo. Sono stata felice e orgogliosa di vedere i “miei” studenti intervistare Nino Di Matteo. Sentire il magistrato complimentarsi con loro per i messaggi che gli avevano inviato per la manifestazione dei due anni di “Scorta civica”. Messaggi che altri studenti di Palermo hanno letto e che di Matteo ha commentato così: “Ho difficoltà a parlare dei miei sentimenti, ma vi assicuro che quei messaggi mi hanno davvero emozionato”. Poi vederli all’opera, fare le domande e guardarlo negli occhi. Sorridenti, ma fermi, in attesa delle risposte.

Perché era questo che volevano. Risposte.

Quando abbiamo lasciato palazzo Codacci Pisanelli, uno di loro, Lorenzo, mi ha detto, facendo cenno di sì con la testa: “Si, è stato bellissimo”. Era il suo “sì” alla legalità, era una promessa mantenuta, era “Sì, siamo tutti Nino di Matteo”.

Tutti hanno scritto i messaggi inviati a Nino di Matteo, tutti hanno proposto delle domande. Per questioni di tempo, ne abbiamo potute fare solo sei e chi le ha rivolte al magistrato, è stato il portavoce del lavoro collettivo di ricerca, approfondimento, confronto, dibattito, proposta, di un’intera, piccola grande “redazione” giornalistica.

Oggi quattro di loro, che frequentano la redazione del Tacco d’Italia per il progetto di “Alternanza scuola-lavoro”, hanno scritto la cronaca dell’incontro. Eccoli qui, ve li propongo tutti. Quattro punti di vista, di quattro ragazze con gli occhi puliti che hanno incontrato Nino Di Matteo. E’ vero che non è un “eroe”, come più volte egli stesso ha ripetuto, ma il cuore si riempie di Futuro quando capisci che per loro lo è.

MLM

 

A TESTA ALTA COME NINO!
di Roberta Rizzo
Lo scudo di Di Matteo: centinaia di ragazzi e ragazze pronti a dire NO alla mafia! Lunedì 22 febbraio il magistrato Nino Di Matteo ha incontrato le scuole. C’erano anche le studentesse e gli studenti del Liceo Classico di Casarano, nell’aula magna dell’Università degli Studi di Lecce nel palazzo “Codacci- Pisanelli”. Il tema di quest’incontro era quello de “La mafia dal colletto bianco”. infatti Di Matteo ha ricordato: «I mafiosi hanno piena consapevolezza di quanto siano importanti i rapporti con la politica e le istituzioni, mentre noi, Stato, non abbiamo ancora capito che per vincere definitivamente questa battaglia dobbiamo recidere quei rapporti». Gli stessi mafiosi dicono che Cosa Nostra foto 1sarebbe una semplice banda di criminali ordinari se non avesse avuto agganci e favori in politica e lo Stato d’altra parte cerca in tutti i modi di vivere in modo pacifico con la mafia. Il pm ha ricordato inoltre che la mafia non è un fenomeno circoscritto e legato a boss come Riina, Provenzano, Bagarella, Brusca, Messina Denaro ma è anche e ancora più pericolosa l’ adozione di metodi mafiosi nell’ esercizio del potere statale. La mafia è radicata nella politica purtroppo da molti anni, basti pensare che dopo lo sbarco degli Alleati in Sicilia furono designati dal comando militare, come sindaci delle città liberate, i capimafia della zona e ancora, già nel 1876 un esponente della destra toscana, Franchetti, si accorse che in Sicilia gli esponenti di Cosa Nostra avevano rapporti con i colletti bianchi, con la media e l’alta borghesia. Ed ecco i corsi e ricorsi storici: in tempi più recenti infatti il capo dei Corleone era Michele Navarra, medico chirurgo molto stimato in Sicilia e ancora negli anni ’80 gli succedette Michele Greco, ospite dei migliori salotti palermitani a contatto con politici, magistrati e imprenditori dell’epoca; più recentemente Giuseppe Guttadauro, capo del mandamento di Brancaccio era anche medico chirurgo e primario dell’ospedale civico di Palermo. “Questa è Cosa Nostra!” dice Di Matteo. Sono stati citati anche i processi ad Andreotti, sette volte Presidente del Consiglio, e Dell’ Utri, ex senatore. Il primo aveva contatti con i boss di Cosa Nostra e discusse con loro dell’assassinio del Presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella e del “danno” che stava facendo con i suoi metodi innovativi per il controllo degli appalti. Il secondo, invece, ha fatto da mediatore tra Cosa Nostra e il presidente Berlusconi. Il magistrato ha riferito che questi fatti vanno ricordati e non nascosti! Ha continuato dicendo che veniamo continuamente bombardati con delitti di cronaca nera e che notizie di questo genere passano spesso in secondo piano. Lancia allora un messaggio ai giovani: «Abbiate fiducia nello Stato e nelle istituzioni ma che sia sempre una fiducia attenta!».
Sono intervenuti anche il professor Nicola Grasso, docente di Diritto Costituzionale, il professor Salvatore Colazzo, preside della Facoltà di Scienze della Formazione Scienze politiche e sociali e la giornalista e scrittrice Petra Reski.
Alcune studentesse e studenti del Liceo Classico di Casarano hanno poi posto alcune domande al magistrato. La sottoscritta ha chiesto se secondo lui un giorno mafia e Stato potranno finalmente diventare due cose diverse. Di Matteo ha risposto che non bisogna generalizzare perché “se tutto è mafia alla fine nulla sarà mafia” e che lo Stato non dovrebbe lasciare questa lotta sulle spalle della magistratura ma anzi dovrebbe stare in prima fila contro la lotta alla mafia. È intervenuta poi Gilda Marzano chiedendo a Di Matteo qual è il suo consiglio a noi giovani in un Paese pieno di collusi e se bisogna continuare a credere nello Stato. Il pm ha risposto che i giovani già con foto 3la loro presenza a quell’incontro hanno creduto nello Stato e che devono continuare a farlo perché saranno i giovani a dover votare uomini e donne politici che hanno un obiettivo fondamentale e cioè quello di lottare contro la mafia. Ad Emma Quaranta che ha chiesto dove ha trovato la forza per continuare nonostante tutte le minacce ricevute e se ha mai pensato di mollare ha risposto che lui non è un eroe, è un normale cittadino che ha avuto paura sentendo quelle parole. A questo proposito ha ricordato ciò che diceva Paolo Borsellino: «Fino a quando la dignità prevarrà sulla paura si va avanti». Agnese Biasco ha invece chiesto cosa possono i fare i giovani per aiutarlo nella sua missione. Nino ha risposto che gli adolescenti già informandosi e partecipando attivamente contribuiscono a quel concetto di legalità. Concetti simili sono stati ribaditi in risposta alle domande di Lorenzo Stamerra e Marta Marzano.
Il magistrato ha voluto ringraziare la sua scorta che ogni giorno rischia la vita per lui e con queste parole ha scatenato un fragoroso applauso del pubblico.
Un incontro quello con Di Matteo unico e indimenticabile che ha dimostrato quanto tutti noi cittadini possiamo impegnarci in prima fila alla lotta contro la mafia. Questo è il coraggio delle idee di un uomo che diventa voce di tutti!

 

A LEZIONE DI LEGALITA’ CON NINO
di Agnese Biasco
L’aula magna ‘Codacci-Pisanelli’ dell’Università di Lecce, gremita di studenti e di appassionati attivisti per il magistrato Nino Di Matteo, parla da sé. Indescrivibile il calore che per tre ore ha avvolto il noto sostituto procuratore della repubblica siciliano, che ha indagato sulle stragi di via D’Amelio e di Capaci ed è stato più volte minacciato da Cosa Nostra. Ieri sera, 22 febbraio 2016, in occasione dell’inaugurazione del ciclo ‘Educare alla legalità’, Di Matteo è stato protagonista ed ospite d’eccezione di una serata all’insegna della giustizia ormai divenuta un ideale da perseguire e per cui lottare in uno Stato corrotto dalla criminalità organizzata, la cosiddetta ‘Mafia dal colletto bianco’. E il suo intervento si è proprio basato sulle trattatfoto 5ive Stato-Mafia, premettendo quanto sia fuorviante generalizzare ogni comparto del grande apparato statale e additando chi, spinto da vile pregiudizio, sottovaluti alcuni collaboratori di giustizia e pentiti, ribadendo, come diceva lo scrittore Leonardo Sciascia, che ‘se tutto è mafia, niente è mafia’. D’altra parte ha ricordato il ruolo doppiogiochista di importanti senatori e imprenditori, nomi noti che hanno collaborato e addirittura chiesto appoggio alla mafia di Cosa Nostra, sin dagli albori della storia italiana. “In Italia la questione criminale è intrecciata inestricabilmente con la storia nazionale […] [siamo abituati] ad ascoltare espressioni giornalistiche […] come ‘La mafia è entrata nei salotti buoni’, quasi a sottolineare un carattere di novità del fenomeno, secondo me sono fuorvianti, perché la mafia non ha mai cessato di tessere legami con la borghesia e con le altre sfere della pubblica amministrazione”. Di Matteo ha smontato inoltre gli stereotipi dei criminali mafiosi, tradizionalmente identificati come rozzi ‘macellai’, analfabeti, con una ‘coppola storta’ in testa, abituati all’immagine trasandata di mafiosi come Totò Riina: ha ricordato che prima di quest’ultimo, tra i boss di Cosa Nostra, figuravano nomi come Michele Navarra, stimato medico siciliano e ‘colletto bianco’, che ha preso le redini della cosca mafiosa nel ’45, o, ancor più recentemente, il caso Guttadauro, anch’egli medico, che intratteneva una vita divisa tra l’attività di primario all’Ospedale Civico di Palermo e quella di capo criminale di Brancaccio. “Questa è cosa nostra”. Una sentenza grave e drammatica come la verità che ci costa ammettere: è sempre esistito un forte status quo tra i mandanti dei migliori salotti e gli esecutori di campagna. Ma Di Matteo non si arrende e da anni porta avanti la sua missione non violenta con risolutezza e speranza. Parla di Palermo come la sua città, la sua patria, nutrendo e dando la speranza ai tanti ragazzi che in manifestazioni del genere lo supportano come un eroe. Una calorosa standing ovation ha avvolto l’aula al termine dell’intervento, passando la parola alla giornalista e scrittrice tedesca Petra Reski e al professor Nicola Grasso, che hfoto 4anno elogiato con affetto l’operato del magistrato palermitano, e in particolare l’immagine di quest’ultimo, all’epoca giovane tirocinante in magistratura, ai funerali di Paolo Borsellino. Di Matteo davanti ai ragazzi si è dimostrato un chiaro esempio di uomo che crede ancora negli ideali della nostra Costituzione: si è inoltre prestato a rispondere personalmente ad alcune domande dei piccoli giornalisti, esortandoli a non perdere mai la speranza e a non lasciarsi mai sopraffare da pareri estranei, soprattutto quando saranno tenuti a votare nelle campagne elettorali e ad avere più spessore nelle scelte civiche. Solo in questo modo si può contribuire alla sua grande missione e supportarlo attivamente, non senza paura, ma con il coraggio di affrontare i mostri della società, non solo mafia, non solo i silenzi omertosi delle istituzioni e dei media, di andare avanti, nonostante tutto. Nel corso del dibattito non ha esitato a ringraziare la presenza della sua scorta, che da oltre vent’anni lo accompagna fedelmente, al di là dell’obbligo di protezione imposto dal 1995. Inevitabile parlare dello scrosciante applauso finale dell’aula, segno che un po’ a tutti, chi specializzandi in legge, chi liceali, chi associazioni di cittadini attivi, è servita questa buona lezione di legalità e di vita.
I RAPPORTI STATO-MAFIA SPIEGATI DA NINO
di Gilda Marzano
Applausi di giubilo per il magistrato Nino Di Matteo nell’aula magna del “Codacci-Pisanelli”, che il 22 febbraio 2016 ha incontrato le ragazze e i ragazzi di alcune scuole del Salento.
Il Pubblico ministero della procura di Palermo ha discusso l’importanza e la centralità della questione “mafia e politica”, intitolando il suo intervento “La mafia dal colletto bianco” proprio ad indicare la capacità della mafia di infiltrarsi tra le istituzioni.
Rievocando importanti fatti passati, come l’omicidio di Piersanti Mattarella ha denunciato noti personaggi della politica quali l’allora presidente del Consiglio Giulio Andreotti, accusandolo di essere stato in contatto con “le Coppole Storte” e di aver pianificato con essi l’uccisione del presidente della regione Mattarella.
“I mafiosi hannmastrogiovanni e studentio piena consapevolezza di quanto siano importanti i rapporti con la politica e le istituzioni“, ha spiegato poi Di Matteo colpevolizzando lo Stato di non troncare definitivamente tali rapporti. Il magistrato ha descritto i mafiosi come acuti uomini, il cui obiettivo non è quello di combattere frontalmente lo Stato, ma quello di amalgamarsi ad esso allo scopo di amministrare essi stessi il potere. La denuncia si sposta verso i mass-media che ricoprono i fatti reali con una patina di irrealtà, per evitare le notizie scomode, così creando degli stereotipi nelle menti dei cittadini, i quali non vogliono riconoscere i mafiosi per quello che sono in realtà, ma li individuano in “rozzi, macellai, analfabeti, con una coppola storta”.
Citando il suo libro, Di Matteo racconta il caso del politico Dell’Utri che intratteneva rapporti di mediazione tra alcuni dei più importanti esponenti di Cosa Nostra e Silvio Berlusconi.
Dall’altra parte, dopo l’intervento della giornalista tedesca Petra Reski secondo la quale spesso sono gli stessi cittadini a ricercare la mafia, il PM ha ricordato due loschi episodi che hanno segnato la storia italiana: il primo è stato quello dei dottori Navarra e Guttadauro, i quali hanno diviso il proprio lavoro e la propria vita tra la cura dei pazienti e la direzione dei criminali siciliani , e il secondo quello del Sacco della di Palermo dicendo che tra il 1965 e il 1970, mafia, politica e affari erano diventati un tutt’uno nel silenzio generale, al fine di costruire il secondo centro commerciale più grande del mondo. Queste trattative, ha detto Di Matteo, sono state scoperte e bloccate in tempo per evitare il disastro.
Nino, durante tutto il suo intervento non si è macchiato di superbia e non si è mai definito un eroe, ma solo un magistrato che prova a svolgere al meglio il suo lavoro. Al termine del convegno, dopo un lungo e caloroso apNino Di Matteo a Lecceplauso da parte del pubblico, Di Matteo ha ascoltato e risposto ad alcune domande postegli da studenti e attivisti presenti: alcune domande erano rivolte dagli studenti e studentesse del Liceo Classico di Casarano e la risposta destinata ad essi.
A domande come “cosa possiamo fare noi giovani per supportarla nella sua missione?” oppure “dovremmo credere ancora nel nostro Stato?”, Lui ha risposto che i giovani fanno già tanto informandosi e che non bisogna scoraggiarsi, perché “i mafiosi sono proprio quelli che dicono << ma chi te la fa fare>>”.
Un’altra domanda riguardava Nino in prima persona e i suoi sentimenti: “Ha paura?”. La risposta a questa domanda è stata: “E’ inevitabile avere paura”, ma il Magistrato ha aggiunto che bisogna fare del coraggio uno stile di vita, perché se è la paura a vincere non si va avanti. La risposta a questa domanda si è conclusa con un forte applauso alla propria scorta, sempre vigile e attenta alla sua persona.
Nino Di Matteo alla domanda “ci sarà mai una distinzione tra stato e mafia?” ha risposto di non generalizzare, perché “se tutto diventa mafia, niente è mafia”.
Numerosi sono stati gli argomenti trattati da Nino, ma uno solo è stato il messaggio: non mollare mai.

 

IL CORAGGIO OLTRE LA PAURA
di Alessia Costa
«La memoria è il bene più grande che abbiamo e questo Paese la sta perdendo», questo il monito del pm palermitano Nino Di Matteo che, in occasione del progetto “Educare alla legalità”, ieri 22 febbraio 2016 ha tenuto un interessante incontro. Interminabili applausi hanno accolto il magistrato e la sua scorta all’ingresso dell’Aula Magna dell’Università del Salento. Ad assistere al dibattito centinaia di persone tra avvocati, giudici, docenti e soprattutto ragazzi, coinvolti in prima linea nella lotta contro la criminalità organizzata. Al convegno, accanto al magistrato, anche Nicola Grasso, docente di diritto, Salvatore Colazzo, preside della Facoltà di Scienza della Formazione e Petra Rescki, giornalista e scrittrice.
Il tema scottante del suo intervento riguardava soprattutto “la mafia dai colletti bianchi”, il rapporto Stato-Mafia instauratosi tra politici, uomini delle istituzioni e manager che si fonda sulla base di accordi ingannevoli stipulati dalle vari parti al fine di ottenere reciproci vantaggi. «Se Cosa Nostra non avesse avuto e non avesse ancora oggi gli agganci a tutti i livelli istituzionali sarebbe una banda di sciacalli, destinata a scomparire in breve tempo grazie all’azione repressiva delle forze dell’ordine», così afferma Di Matteo mettendo in chiaro il nesso che lega in modo inseparabile la mafia e gli enti politici. Inoltre il pm ha ricordato che nel tempo Cosa Nostra ha acquisito la forza “di un potere parallelo” rispetto a quello istituzionale. Per vari anni la mafia non ha combattuto una guerra che rendesse lo Stato più debole e arrendevole verso l’operato illecito di Cosa Nostra, ma ha cercato di vivere pacificamente e cercare dei punti di accordo con esso. Il pubblico ministero fa presente che il problema della trattativa Stato-mafia non è emerso solo attualmente ma esiste da sempre: infatti nel 1878 un notabile toscano, esponente della destra Franchetti, pubblicando un’inchiesta sulla mafia siciliana, si rese conto che non si trattava semplicemente di gestibile “ordinaria criminalità “, ma si accorse che la maggior parte degli esponenti mafiosi rientrava nella categoria dei “colletti bianchi”; erano dunque portavoce e membri delle classi politiche e dirigenti. L’osservazione attuata 150 anni fa da Franchetti è riconducibile al sistema politico attuale: il pm pone il caso del medico chirurgo siciliano Michele Navarra che negli anni Ottanta era tra i principali esponenti mafiosi dei colletti bianchi; pone anche sotto i riflettori il caso del presidente del Consiglio Andreotti, eletto sette volte al Governo, che aveva degli stretti legami con alcuni boss, chiedendo loro favori. Ma questa questione all’epoca era considerata una notizia scomoda e non venne diffusa dalla stampa e dai media.
Il noto magistrato combatte da oltre vent’anni la battaglia contro le organizzazioni criminali e, preoccupato, ha ammesso che i mafiosi oramai si adattano alle esigenze del momento: infatti un tempo operavano palesemente, incutendo terrore in modo clamoroso attraverso omicidi e stragi; ora invece sono celati da operati subdoli e ambigui: eclatante fu il caso dei giudici Falcone e Borsellino, uccisi per mano mafiosa, che creò scalpore e sgomento in Italia e non solo.Siamo tutti Nino Di Matteo
Successivamente il pm ha risposto a numerose domande poste da molti ragazzi, tra cui degli studenti del Liceo Classico di Casarano. «Secondo lei un giorno Stato e mafia potranno diventare finalmente due mondi separati?», è questa la domanda posta da Roberta Rizzo, a cui il magistrato ha risposto che non occorre generalizzare sulla questione, che lo Stato non può caricare sulle spalle dei magistrati questa lotta contro Cosa Nostra, ma al contrario si dovrebbe essere sul fronte a combattere insieme alla magistratura.
In seguito è intervenuta la studentessa Gilda Marzano chiedendo delle indicazioni su come i giovani possano vivere al meglio in un’Italia corrotta, in cui serpeggia la criminalità. Di Matteo ha affermato che già solo grazie alla partecipazione all’intervento da lui tenuto i ragazzi aiutano e supportano tutti coloro che combattono contro la malavita. Ha incoraggiato gli adolescenti nel credere in Paese migliore e li ha esortati a sostenere questa guerra silenziosa. Alla domanda posta da Emma Quaranta: «Dove trova la forza di continuare a combattere, nonostante tutte le minacce ricevute?» il magistrato ha risposto con grande umiltà di non essere un eroe, che “il coraggio non è il sentimento che cancella la paura, ma è un sentimento che fa andare avanti superando la paura” e ancora, ha aggiunto: “fino a quando la dignità prevarrà sulla paura si va avanti”. Agnese Biasco infine ha chiesto che cosa potessero fare i giovani per aiutarlo in questa battaglia: Nino ha risposto che anche informandosi sull’argomento e facendosi partecipi di attività mirate sulla legalità i ragazzi contribuiscono ad avvalorare tutto il lavoro che i magistrati compiono. Lorenzo Stamerra e Marta Marzano sono entrati nella sfera dei sentimenti personali e della difficoltà del vivere sotto scorta, anche per i suoi figli. Al termine del convegno il pubblico e lo stesso Di Matteo hanno ringraziato calorosamente la scorta che compie da ormai un lungo periodo un operato impeccabile.
L’intervento del pubblico ministero Nino Di Matteo è stato di grande spessore morale e soprattutto civico, portando la testimonianza di chi, come lui, non teme di rischiare la vita per la giustizia.

Marilù Mastrogiovanni
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