Festival della Valle D’Itria: nel segno di Paisiello

Festival della Valle D'Itria: nel segno di Paisiello

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di Fernando Greco

 

 

Un nuovo tassello si è aggiunto alla conoscenza del grande compositore Giovanni Paisiello grazie alla prima rappresentazione assoluta in tempi moderni dell’opera “La grotta di Trofonio” che ha inaugurato il 42° Festival della Valle d’Itria nel cortile del Palazzo Ducale di Martina Franca. Lo spettacolo è stato realizzato in collaborazione con il Teatro San Carlo di Napoli (come il “Don Checco” dello scorso anno), con cui il Festival continuerà le celebrazioni paisielliane realizzando anche una mostra e un convegno internazionale.

//CITTADINO DEL MONDO
A un Festival che da sempre si propone di valorizzare i musicisti di origine pugliese attraverso l’allestimento di opere poco conosciute se non addirittura mai eseguite in tempi moderni, non poteva sfuggire la ricorrenza del bicentenario della morte di Giovanni Paisiello (1740 – 1816), ovvero il più significativo esponente dell’opera giocosa di scuola napoletana prima dell’avvento del ciclone Rossini. Nato a Taranto, Paisiello divenne ben presto cittadino del mondo, accettando incarichi e onorificenze nelle più ricche corti europee: dal Regno di Napoli allo Stato Pontificio, da Parigi a Varsavia fino a San Pietroburgo presso l’imperatrice Caterina II. Di ritorno a Napoli dalla Russia, il musicista compose nel 1785 per il Teatro dei Fiorentini l’opera giocosa “La grotta di Trofonio”, su libretto di Giuseppe Palomba tratto dall’omonimo dramma scritto dall’abate Giovanni Battista Casti e musicato a Vienna da Antonio Salieri.

//LA TEMPERIE NAPOLETANA
01_Domenico ColaianniRispetto al libretto di Casti, il rimaneggiamento effettuato da Palomba inserisce alcune novità che accrescono la temperie “napoletana” della vicenda, quel gusto popolaresco che sempre fa capolino nel repertorio giocoso destinato ai palcoscenici della Napoli di fine Settecento fino agli ultimi bagliori buffi 1K8A1070ottocenteschi che il Festival della Valle d’Itria ha riportato alla ribalta con titoli quali il “Don Checco”
(1850) di Nicola De Giosa andato in scena l’anno
scorso. Come Don Checco, anche il Don Gasparone della “Grotta” paisielliana parla in napoletano stretto: in contrapposizione con la leziosità del rivale Artemidoro, Gasparone è “rozzo, ma schietto” (secondo la definizione di Luisa Cosi, responsabile dell’edizione critica martinese) e questa sua grossolanità si scolpisce nell’eloquio in vernacolo in maniera farsesca, tagliata su misura per il celebre Casacciello alias quell’Antonio Casaccia per il quale Paisiello scrisse a Napoli la maggior parte dei ruoli da basso buffo. Il Festival ha avuto il suo Casaccia nell’interpretazione del basso Domenico Colaianni, impagabile nel rendere a tutto tondo la comicità del “buffo parlante” sostenuta da un possente impasto vocale e da una vis comica formidabile, qualità che gli hanno garantito un clamoroso successo come già l’anno scorso per il “Don Checco” e due anni fa per “Crispino e la comare”.

02_Roberto Scandiuzzi

Roberto Scandiuzzi

Nell’opera paisielliana compaiono altri due personaggi assenti nel libretto di Casti, ovvero Madama Bartolina e Rubinetta, che nelle rispettive vesti di ballerina e locandiera hanno il sapore della Commedia dell’Arte, quel gusto tutto italiano di maschere goldoniane che complicano l’intreccio con esiti imprevisti. Un’altra presenza importante sul palcoscenico martinese è stata quella del soprano Daniela Mazzucato nel ruolo di Bartolina: 1K8A1574la cantante, raro
esempio di longevità vocale e galvanizzante phisique du role, si è rivelata scenicamente deliziosa e vocalmente in forma per volume e agilità. Irresistibile il suo duetto con il basso Roberto Scandiuzzi, vero fuoriclasse nell’adeguare un possente timbro drammatico al virtuosismo belcantista di Paisiello nonché abile nel disegnare con autoironia l’apparente truculenza del personaggio di Trofonio, un orso solitario che però, contrariamente al Trofonio di Casti, non fa paura a nessuno, anzi abbandona ogni valenza magica o filosofica per accoppiarsi in maniera molto più concreta e carnale con Madama Bartolina.

//GIOVANILE FRESCHEZZA
1K8A1463Premessa la tangibile superiorità artistica dei tre cantanti suddetti, la giovanile freschezza del resto del cast non sfigurava in quest’opera dal carattere1K8A1319 sapido e brillante. Il soprano Caterina Di Tonno, di origine napoletana, ha sfoderato bel timbro lirico ed efficacia scenica nel rendere la napoletanità
dell’intrigante locandiera Rubinetta, che alla fine dell’opera si farà sposare da Don Piastrone ossia il padre delle due sorelle Eufelia e Dori, interpretato dal gradevole baritono Giorgio Caoduro, sempre a proprio agio su tutta l’ampia estensione vocale che caratterizza questo ruolo. Di ritorno al Festival dopo il successo de “Le Braci” dell’anno scorso, il soprano Angela Nisi si è disimpegnata con perizia scenica e agilità ben timbrate nel ruolo di Eufelia, la sorella studiosa contrapposta a Dori, sorella sbarazzina, interpretata validamente da Benedetta Mazzucato, allieva dell’Accademia del Belcanto “Rodolfo Celletti”. Nei panni dell’indeciso e tormentato Artemidoro il tenore Matteo Mezzaro, avvenente per timbro lirico e padronanza scenica.

L’Orchestra Internazionale d’Italia diretta da Giuseppe Grazioli ha messo in risalto la luminosità della partitura, mantenendo sempre il giusto equilibrio sonoro con le voci.

//DAL SETTECENTO AL NOVECENTO
L’allestimento scenico a cura del baritono Alfonso Antoniozzi per la regia, in collaborazione con Dario Gessati per le scene e Gianluca Falaschi per i1K8A1406 costumi, evoca una Grecia di interesse archeologico quale compare sulle pagine di giganteschi libri, simboli della caricaturale erudizione di Eufelia e di Don Piastrone, che costituiscono altrettanti siparietti 1K8A0992su cui i personaggi si muovono come illustrazioni semoventi, ricordando certe figure in rilievo tipiche dei libri illustrati per ragazzi. I costumi in stile coloniale, d’ambientazione primo Novecento, ci conducono a quell’epoca in cui l’interesse per l’antica Grecia coincideva con la ricerca di una classicità idealizzata, strizzando l’occhio alla commedia napoletana.

 

 

“La grotta di Trofonio”, che nella serata del 14 luglio scorso ha inaugurato il 42° Festival della Valle d’Itria, verrà replicata il 31 luglio prossimo (diretta radiofonica su Radio3 RAI).

Ulteriori dettagli sul sito

 

Marilù Mastrogiovanni
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